Parte II : Vivere la cecità – Una decisione di gruppo

Ero salito sull’autobus con il sollievo di chi si lascia alle spalle una pioggia fredda e battente. Non avevo alcuna voglia di sedermi, poiché i miei abiti, bagnati quasi per intero, sarebbero divenuti ancor più fastidiosi, intensificando il contatto con la pelle.
Mi ero fermato nella zona anteriore dell’autobus, nell’angolino formato dal sedile anteriore sinistro con la parete posteriore della cabina del conducente.
Non mi ero accorto che proprio quel sedile era vuoto ma fui costretto a notarlo quasi immediatamente, poiché un signore mi chiese il permesso per occuparlo.
Rimasi in piedi di fronte a lui, afferrando il man corrente della sua spalliera, per tenermi saldamente in equilibrio.
Non riuscivo a liberarmi dal pensiero della pioggia, nel momento in cui sarei sceso dall’autobus. Dovevo percorrere un tragitto non lungo ma piuttosto complicato e sotto la pioggia questa cosa mi appariva difficile e insidiosa.
Le urla di un altro signore, che mi si era avvicinato, mi costrinsero a tornare con la mente nella situazione di fatto. Si trattava di autentici insulti rivolti contro la persona che si era seduta di fronte a me.
“Te ne stai seduto come un sacco di patate e questo disgraziato che non ci vede ti sta accanto in piedi, rischiando di cadere ad ogni frenata!”
La persona seduta cercò di ribattere che mi aveva trovato in piedi e che si era seduta pensando che io non volessi utilizzare quel sedile.
L’interlocutore, però, non ascoltò le sue parole e continuò ad insultarlo, elevando sempre di più il tono aggressivo della sua voce roca.
Ben presto la disputa cominciò ad assumere la fisionomia di una rissa, poiché intervennero altri viaggiatori e tutti con voce alterata e con espressioni tutt’altro che cortesi.
Cercai di allontanarmi, dirigendomi verso la porta centrale. Volevo fuggire da quella situazione nella quale mi sentivo impotente, disorientato, incapace di assumere una posizione personale.
Due viaggiatori, però, mi presero con la forza e mi fecero sedere su un altro sedile vuoto, forse per mettere fine a quella disputa incivile oppure perché non riuscivano a sopportare di vedermi in piedi.
Le urla si placarono e lentamente la situazione riprese il suo corso ordinario. Me ne stavo seduto, sentivo sulla pelle i panni freddi e appiccicosi. Cercavo di restare concentrato su questo fastidio, poiché ciò mi consentiva di non pensare ad altro.
Francamente debbo dire che desideravo dormire ma purtroppo era necessario restare vigili, perché si avvicinava il momento di scendere ed affrontare le insidie della strada.